Chiara Beretta rappresenta idealmente quella folta schiera di barlady italiane che mantengono altissimo il livello del bartending nostrano.
Si può trovare Chiara dietro al banco del Rita & Cocktails, che è semplicemente uno dei tanti locali sui Navigli milanesi, che con la medesima semplicità viene considerato uno dei templi italiani del bere miscelato, tra gli addetti e ai lavori e tra i semplici appassionati.
Il Rita è infatti uno dei pochi locali che troveresti affollatto ad ogni ora anche in un qualsiasi lunedi invernale, e Chiara Beretta non a caso è la responsabile del bar.
Chiara, Rita e Milano
COME HAI INIZIATO?
“Come molte persone del settore ho iniziato totalmente per caso; nessuno della mia famiglia appartiene a questo settore e quando ho iniziato stavo facendo tutt’altro.
Dopo il liceo classico ho studiato lettere moderne, e laureandomi credevo di occuparmi di altro. Ho così iniziato lavorando in un bar di Vimercate per guadagnarmi i soldi per le vacanze, e all’interno del bar ho scoperto che mi piaceva molto lavorare li!
Mi sono sempre sentita bene in ogni locale in cui ho lavorato!
All’interno del bar, in cui per lo più si servivano birre, c’era un libro dei cocktail che mi ritrovai a consultare quando mi chiesero un mojito; nel bar non c’era nessuno che conoscesse il mondo dei cocktail così mi sono iscritta ad un corso presso la Flair Academy di Milano.
Frequentare il corso mi ha aperto le porte di un mondo, ed ho quindi voluto confrontarmi con altri tipi di locali.
Ho lavorato quindi in un grande american bar della Brianza nel quale mi sono confrontata con il lavoro di alta frequenza, perchè il locale lavorava molto e con ritmi piuttosto alti.
All’interno dello staff c’era un ragazzo che mi propose di aprire un locale, così con l’incoscienza di una 22enne ho accettato!
Così abbiamo aperto un cocktail bar a Vimercate, ed in quel momento ho deciso che avrei lavorato nel mondo del bar.
In tre anni ho imparato veramente molto, grazie anche ad un seminario di Marian Beke a Bologna, che avevo conosciuto al Nightjar di Londra durante un viaggio. Lì ho conosciuto quelli che sarebbero diventati i grandi professionisti di oggi, come Teo Rizzolo, Dennis Zoppi e molti altri.
Da quel momento è iniziata la mia vera formazione, passando dai seminari che i ragazzi del Jerry Thomas organizzavano a Milano, e partecipando ad alcune gare, arrivando quindi al mio attuale ruolo all’interno del Rita di Milano.”
PARLACI UN PO’ DEL RITA
“Quando sono arrivata al Rita il locale era già molto noto; era semplicemente il mio bar preferito a Milano e sono fiera di essere l’unica donna dello staff.
In realtà avevo accettatto di lavorare al bar dell’Hotel Armani, che lasciai dopo un mese quando mi presero al locale.
Ora sono il responsabile del bar e la squadra è composta da persone eccezionali! In quanto responsabile mi occupo anche della formazione dei nuovi arrivati.”
IL SUCCESSO DEL RITA CONFERMA IL FATTO CHE LA QUALITA’, ANCHE IN TEMPO DI CRISI, VINCE?
“Assolutamente si. Qui sui Navigli è facile riempire un locale nel weekend, il difficile è concretizzarlo di inverno e in settimana.
Noi e pochi altri possiamo vantare di riuscirci, a qualsiasi ora ed in qualsiasi giorno: questo conferma che la gente preferisce andare dove si beve meglio, piuttosto che andare dove si paga di meno.
Un mojito buono da uno cattivo ha più o meno lo stesso prezzo, quindi perchè scegliere di berne uno cattivo?
QUINDI LA CLIENTELA HA ALZATO IL PROPRIO LIVELLO?
“Decisamente si, e negli ultimi cinque anni in particolare ho visto aprire locali che propongono alta miscelazione, segno che i clienti cercano proprio quello, il mercato va dove si orienta la clientela.
Sarà anche un fenomeno di moda, ma il gusto generale si sta affinando, e noi crediamo nell’intelligenza delle persone.
Sono convinta che se esiste una persona che fa qualcosa di buono, in questo caso un cocktail, poi gli altri la seguiranno.”
Bartending, formazione e consigli…
QUANTO E’ IMPORTANTE LA FORMAZIONE?
“La formazione è importantissima perchè questo lavoro non si impara da autodidatti.
E’ difficile che un ragazzo che entri in un locale senza conoscenza trovi qualcuno disposto ad insegnare tutto.
Quando al Rita cerchiamo personale ci indirizziamo su persone che almeno parlino la nostra stessa lingua: non posso insegnare come si impugna una bottiglia, quindi la formazione è necessaria.
Se chiedo ad un barman “fammi un vodka sour 4 2 6” non posso spiegare il contenuto della frase, si tratta di comunicare con gli stessi concetti.”
JIGGER VERSUS METAL POUR
“Noi al Rita nei giorni di punta facciamo oltre 600 drink, percui a volte risulta impossibile lavorare con il jigger.
Da noi si deve essere in grado di versare correttamente con il metal pour, per quanta riguarda i distillati, perchè con esso si possono fare misure precise.
Personalmente utilizzo il jigger per alcuni succhi, perchè è facile commettere errori con la speed bottle.
Per cocktail che abbiano bisogno di un perfetto equilibrio uso il jigger anche per la parti alcoliche.
In sintesi ti dico: un Americano lo faccio con il metal pour, un Mahattan con il jigger.
Quando vedo preparare un Americano con il jigger lo trovo inutile: storicamente l’Americano è un drink che arriva dai bar popolari e deve rimanere tale.
In molti drink il bilancimento non è così delicato percui utilizzare il jigger è del tutto inutile: ricordamoci che facciamo i bartender, non i chirurghi.”
CONSIGLI CHE A CHI VUOLE INTRAPRENDERE LA CARRIERA?
“L’importante è avere una base, conoscendo le tecniche fondamentali. E’ importante compiere anche studi personali, conoscere tutti i drink classici, leggere alcuni testi che reputo fondamentali.
E’ giusto anche partire dal basso, senza bruciare le tappe proponendosi verso locali importanti; è inoltre sano imparare, sbagliare, correggersi: il lavoro si trova ovunque nel nostro settore.”
COME TROVI IL LIVELLO GENERALE DEL BARTENDING ITALIANO?
“Il livello è molto alto ed in evoluzione costante.
Essendo stata nelle capitali del drink miscelato, come Londra e New York City, ti posso dare che abbiamo poco da invidiare.
Per cultura ci sono meno locali rispetto ad altre città, ma la qualità esiste: qui in Italia ci sono anche delle realtà molto elevate in luoghi davvero impensati.”