I barman italiani possono essere considerati uno specchio di una realtà molto più ampia e generica, che è quella relativa al “prodotto Italia”.
Dimenticando per qualche istante lo stereotipo dell’italiano rassegnato per il nostrano mal costume, possiamo affermare che nel nostro paese respiriamo arte e bellezza in ogni luogo ed in ogni settore, in cui sono ovviamente inclusi il mondo della cucina e del buon bere.
Anche per questi motivi i barman italici sono tra i più apprezzati e quotati all’estero, e non solo nelle grandi capitali del beverage.
Domenico “Dom” Carella è diventato un barman internazionale di grande successo, grazie anche alle sue ultime esperienze al di fuori dei confini nazionali, ma a differenza di altri sembra avere una maggiore consapevolezza di dove sia e dei motivi che gli hanno permesso di restarci.
Domenico ha saputo unire tra di loro dei fattori fondamentali che hanno prodotto la propria professionalità: il fatto di provenire da una terra unica ma spesso snobbata, la volontà che ha accompagnato il suo percorso, le esperienze fuori dall’Italia dalle quali ha sapientemente acquisito alcune preziosissime nozioni.
Inizi e formazione
“Ho iniziato a lavorare nell’hospitality quando avevo 16 anni, andavo a scuola la mattina e alle 17 a lavoro.
Ho creato con mio fratello e l’aiuto di mio padre un piccolo chiosco di campagna dove servivano drink e panini, da allora è scoppiato qualcosa in me che mi ha portato da prima a sviluppare la cucina, passione coltivata per un decennio e dopo, con la scoperta di un intolleranza (quella al glutine per l’esattezza) mi sono specializzato nel bar che già praticavo assiduamente durante eventi ove non vi era da stare dietro i fornelli.”
CHE FORMAZIONE HAI AVUTO?
“Diciamo che per lo più i miei dei sono stati la carta stampata e il web, dove è possibile studiare tutto, ad oggi, e portera a qualsiasi livello con l’aiuto della cara amica volontà.
Sicuramente ho frequentato corsi di formazione, primo su tutto quello con il mio sensei di sempre, Paky Andrea Renzullo (lo è ancora oggi!).
E poi seguendo diversi seminari, workshop aziendali, masterclass ecc…. di ogni forma e origine.
E lavorando molto su idee con amici”
Esperienze
“Come dicevo ho iniziato a 16 anni gestendo con mio fratello quel piccolo chiosco che poi é diventato un grande spazio pieno di attività quali bar, ristorante,ricevimenti, disco club, cocktail ecc…per circa 15 anni Agriturismo Mojito.
Poi più di 5 anni fa ho aperto il posto che mi ha permesso di sfogare creatività ed estro in un piccolo paese vicino al mio, Glam lounge cafe.
Dopo tante richieste e qualcosa dentro che fremeva ho deciso di accettare un offerta dall’estero, nel punto più sconsigliato dai più che, al momento volevano solo scappare a Londra e New York.
Sono volato in Cina nel posto che mi ha cambiato di molto la visione delle cose e dove grazie al lavoro svolto mi sono trovato in un turbine: collaborazione con magazines, spirits brand, bartenders e un pizzico di italianità che non guasta mai.
In pochissimo tempo ho ottenuto la nomination come uno dei migliori 5 bartender di Cina, e vi assicuro che Shanghai, insieme ad Hong Kong, sono delle città dove c’è il livello più alto attualmente in termini di servizio & tecnica.
Da lì il mondo mi ha affascinato nella sua globalità e ho voluto spostarmi per provare nuove emozioni, ho passato del tempo in Italia dove ho lavorato con Giancarlo Mancino, come ambassador del suo vermouth e di nuovi prodotti lanciati sul mercato.
Lui è una delle persone più influenti della bar industry mondiale e per me una persona che mi ha portato a molti step avanti facendomi comprendere cose che purtroppo non sono facili da intendere nel nostro mercato.
Un’ulteriore esperienza con una persona molto importante è stata quella con Salvatore Calabrese, che stimo.
Dopodiché mi sono spostato a Londra con la stessa compagnia per lavorare come consulente per una serie di locali.
La scorsa estate ho aperto un mio format, Senso Farm, sempre nella mia terra, Metaponto, dove ho cercato di fare formazione e informazione spingendo l’acceleratore evolutivo di una terra che ha tanto ma che a volte si ferma a guardare.
Nel frattempo sono stato nominato Academy member della prestigiosa World 50 Best Bar.
Finalmente adesso sono tornato nella mecca dell’industry europea!!! Con tanta gioia ma allo stesso tempo il rimorso di aver lasciato tanto dietro di me per poter andare avanti!!”
LA TUA ATTUALE COLLOCAZIONE?
“Oggi mi trovo coinvolto in un grande progetto per una delle compagnie alberghiere più grandi al mondo Accor Hotels, che sta lanciando un nuovo format F&B ispirato alle docs inglesi, Bokan.
Si tratta di un grattacielo con 320 camere e agli ultimi 3 piani sono collocati ristorante e cocktail bars: e con questo io e l’Ammiraglio Danilo Tersigni cercheremo di lanciare un format vincente e soprattutto innovativo.”
Formazione, Italia ed estero
CHE GIUDIZIO DAI ALLA FORMAZIONE?
“La formazione italiana al momento credo sia la migliore, si è arrivati a livelli di consapevolezza e conoscenza altissimo, e le scuole propongono ( non nella maggior parte dei casi, ahimè ) corsi al passo con i tempi.
Cose però che sono assolutamente rintracciabili anche su libri e sul web come detto prima.
Ma tra noi italiani, io compreso, vige la svogliatezza di leggere un libro di 20€ che ti dà però le stesse nozioni di un seminario da 300€, solo però con assenza di voce narrante.”
COSA PENSI DELL’ESPERIENZA ALL’ESTERO?
“L’esperienza all’estero è qualcosa di obbligatorio dal mio punto di vista poiché ti apre la mente e ti porta ad un livello di lavoro diverso, dandoti la possibilità di testare metodi e ritmi del tutto diversi dai nostri e soprattutto trovare ispirazione, o meglio detta tale, termine secondo me coniato per non usare (copiare)”
COSA ABBIAMO DA IMPARARE IN ITALIA?
“Abbiamo sicuramente da imparare il team working e il fare sistema; non quello dietro al banco o meglio quello di un unico team di un unico locale, bensì quello che incentiva la cooperazione tra colleghi e che porta frutti veri al mercato nazionale.
Il Made in Italy è il top in tutto, solo che nel nostro settore abbiamo più voglia di fare pettegolezzi che il resto.”
Bar, miscelazione, mode…
COME IMMAGINI IL FUTURO DELLA MISCELAZIONE?
“Come un cerchio, le nostre tendenze rimarranno naturalmente, intendo quella della mixology, della cucina liquida ecc.
Ma sicuramente a breve si ripartirà con il flair, lo show sano, e poi si andrà al ritorno dei mitici anni 80 per poi ricominciare tutto da capo.
La storia insegna che in tutti i mercati c’è solo un susseguirsi di epoche e mode che una dopo l’altro riportano in auge qualcosa con uno step in più donatoci dall’unica evoluzione costante. “La tecnologia”.”
SU QUALI PRODOTTI PUNTERESTI?
“Io punterei su qualcosa a cui sto lavorando per questo non lo dirò ah ah ah!
Comunque credo che, come spiegato nella metafora del cerchio, si continui adesso con i distillati irlandesi, per poi ripassare da bourbon, scotch e a seguire rum e di nuovo gin e agavi varie, per poi far visita alle nostranità liquoristiche e vermouth.”
PARLACI DI UN DRINK CHE REPUTI DOVREBBE AVERE UNA MAGGIORE CONSIDERAZIONE
“I cocktail perduti secondo me sono tanti, c’è troppo di personale adesso nelle proposte di tutti i banchi, ma non costanti proposte classiche.
Ognuno è un grande chef che crea il proprio piatto, più o meno bene, ma pochi possono assicurare una perfetta offerta di classici con altrettanta maestria di elaborazione!”
CONSIGLI PER I GIOVANI?
“Iniziare dal basso e cercare di crescere step by step, una crescita veloce porta ad un altrettanta veloce discesa… e poi studiare e osservare perché gli occhi sono, come si dice da noi, già mezzo lavoro fatto.”