Working flair e exhibition flair hanno riscontrato un apice di popolarità tra la fine degli anni 80, epoca in cui il film Cocktail sbancò i botteghini di mezzo pianeta, ed il decennio successivo, quando le gesta degli american bartender potevano essere ammirate anche in Italia, grazie ad alcuni pionieri che intuirono le enormi potenzialità di tale forma di arte moderna e la portarono sui banchi dei locali nostrani.
Il flair è la giusta espressione della rivoluzione che il metodo di lavoro ad esso associato ha influenzato il mondo del bar: solo dopo l’avvento di questo fenomeno si è potuto discutere di metodi, di scuole e di orientamenti, con i pro ed i contro del caso.
Uno degli accadimenti sicuramente più interessanti si è verificato negli ultimi tre o quattro anni, in quel periodo che ha visto esplodere la riscoperta del metodo classico: tale fenomeno ha riportato in auge le tradizioni della miscelazione, compresi i gesti e le attrezzature di un tempo.
La particolarità dell’evento è stata l’inattesa assenza di popolarità del flair: data la presunta contrapposizione fra metodo classico e flair ci si attendeva un calo di notorietà del flair a scapito della fama del classicismo, evento che non si è però verificato.
A conferma di ciò basti citare le competizioni, sempre più numerose e con un numero di competitor in crescità, così come sono considerevolmente lievitati i premi per i vincitori; è sempre più facile vedere flair bartender in occasioni di eventi speciali, ed addirittura tra i mass media principali.
A seguito di questo interesse verso il flair risulta di notevole curiosità conoscere come si possa intraprendere la carriera del flair bartender, attraverso la storia di quello che per molti risulta essere il professionista più quotato d’Italia, ed uno dei maggiori esponenti a livello mondiale, Giorgio Chiarello.
Passione e formazione
“La storia è iniziata nel 2008 grazie ad un amico barman il quale un volta mi mostrò una flair bottle; io avevo avuto in precedenza una esperienza con la giocoleria percui mi venne naturale associare la bottiglia ad una clava.
Il barman amico mi iscrisse ad un corso regionale, che durava ben nove mesi, e quello fu il mio inizio.
Nel frattempo lavoravo nei bar e feci un corso basic grazie a Matteo Esposto, il quale ai tempi organizzava moltissimi eventi ed ebbi la possibilità di poter scegliere la giusta formazione; frequentai quindi un master di flair con Marco Canova.
Il master con Marco fu molto importante, e da quel momento e per i due anni seguenti mi dedicai totalmente all’allenamento: trascorrevo circa otto ore ogni giorno a fare pratica e solamente nel weekend uscivo per recarmi a lavorare in un locale qui in Sicilia.”
Le competizioni
“Nel frattempo rimasi in contatto con Matteo che mi spronò ad iscrivermi a qualche competizioni, alle quali non avevo ancora partecipato anche per un fatto di carattere, ritenendomi persona riservata.
Preparai quindi una routine di quattro minuti per la mia prima competizione, alla quale partecipavano degli autentici campioni: arrivai 24° e mi fermai per un altro anno per allenarmi perchè mi convinsi che potevo valere di più.
L’anno seguente tornai a fare la medesima competizione e raggiunsi la finale, entrando tra i primi dieci a livello mondiale; rimasi veramente stupito, tanto che non mi preparari neanche la routine per la finale perchè non speravo di arrivarci.
La fortuna è che nel mondo del flair bartender c’è molta disponibilità e la competizione è fine solo alla gara, così alcuni personaggi come Riccardo Mastromatteo e Antonio Mantelli mi aiutarono per lo stage finale.
Da quella finale fu un susseguirsi di gare e finali, raggiungendo la prima vittoria al Loolapaloosa.”
Bartending ed esperienze
“Per quanto riguarda l’aspetto del barman classico ho studiato molto la merceologia ed i prodotti, ed è stato il flair ad avvicinarmi; attualmente sono brand ambassador Nastro Azzurro e insieme all’azienda studiamo dei ricettari che abbiano come base il loro prodotto principale.
Il bar mi ha sempre appassionato, sin da bambino, ma ho spesso ricevuto delle proposte da parte di scuola di flair.
Attualmente sono Trainer di Flair per la Meeting Place Academy di Roma.
Ho lavorato prima a Milano e poi a Roma, collaborando con bravi colleghi. Con Carmine Liguori ho parecipato ad un programma televisivo in cui io e lui dovevamo insegnare le basi del flair a due personaggi famosi: Biaggio Izzo e Pamela Prati.
Lo show fu trasmesso su Rai1 e tale avvenimento ci aprì molte altre porte.”
Consigli
“Studiare, frequentare corsi, rimanere aggiornati e scegliere con molta accuratezza le scuole.
Il flair è arrivato a livelli quasi estremi quindi è bene allenarsi e passare meno tempo tra social e video e più in flair room.
In Italia molti ragazzi credono che basti avere un trainer quotato per diventare bravi; è più importante la qualità del loro allenamento che le doti di chi gli mostra le tecniche, anche se i trainer stessi sono fondamentali.
Questo tema riguarda però il mondo del bar in generale.”