Giorgio Tagliabue è uno dei grandi barman italiani, ed è una persona disponibile ed affabile: grazie anche a queste caratteristiche, unite ad una professionalità ed una conoscenza del mestiere molto approfondita, ha saputo creare un locale incredibile che ha lentamente ma costantamente accresciuto la propria fama, sino a diventare un luogo di riferimento per gli appassionati del buon bere.
Lo Shake, il locale in cui Giorgio ed il resto dello staff prestano servizio, ha raggiunto un alto grado di piacimento ed è famoso per la proposta di ottimi drink, elaborati e serviti in maniera particolarissima; approfittiamo della disponibilità di Giorgio per una chiaccherata in tema di bartending.
Raccontaci di come hai iniziato e perchè ti sei avvicinato al mondo del bartending:
“Spero di non annoiarvi ripetendo cose che ho già raccontato.
A volte penso che certe cose le hai nel sangue, io forse ho l’alcool…scherzi a parte , mia nonna lavorava come cuoca, era nell’hospitality già molti anni fa, ricordo che mi portava nelle cucine dove ho visto per la prima volta come puliva la selvaggina.
Con mio padre , mia madre e mia sorella ho mosso i primi passi nel mondo del bar decidendo poi di frequentare la scuola alberghiera, inizialmente come cameriere, successivamente come barista.
Con grande disappunto da parte dei miei genitori che sostenevano (a ragione), il fatto che questo genere di vita lascia poco spazio ai tuoi affetti, ai tuoi amici, ai tuoi hobby.
Il poco tempo libero che mi rimane lo sacrifico per informarmi e per andare a ricercare le novità che caratterizzano il mio locale.
Terminata la scuola sono iniziate le prime stagioni in grandi alberghi, una parentesi all’estero per imparare la lingua, rientrato in Italia ho avuto la fortuna di lavorare con molti personaggi che oggi fanno la storia dell’hospitality in Italia … ed eccomi quì !”
Raccontaci dello shake:
“Beh… devo ammettere che il fatto di non essere ubicati in una grande città, non ci ha aiutato molto , soprattutto i primi periodi.
Ho lavorato per molti anni in città, dove tutto avviene molto più rapidamente, frequentemente hai ospiti importanti, i media (giornali, tv) sono molto più presenti, il passaparola avviene in tempi rapidi , non immaginavo quanto fosse difficile riuscire a ritagliarsi uno spazio in provincia .
Durante i primi due anni la voglia di abbandonare mi ha assalito tante volte, le poche ore di sonno che mi rimanevano le passavo a preoccuparmi, chiedendomi se saremmo riusciti ad andare avanti ,se la strada che avevamo intrapreso fosse quella giusta, molti ci davano per sconfitti dichiarando che un locale del genere non avrebbe mai funzionato in un paesino, ma abbiamo tenuto duro , abbiamo continuato a innovare ,ad offrire qualità e così ,dopo tanti sacrifici, sono arrivate le grandi soddisfazioni.
Ora che siamo riusciti a farci apprezzare arrivano persone anche da molto distante: come si dice, ci siamo tolti qualche sassolino dalle scarpe.
Attualmente abbiamo una clientela piuttosto eterogenea, i frequentatori che siamo riusciti a conquistare in provincia sono meno modaioli, quindi più affezionati, sostanzialmente siamo contenti della nostra scelta.”
Quanto credi sia importante la formazione “scolastica” per un barman?
“Oggi un grande professionista che ha un contatto quotidiano con il pubblico, necessita di un certo tipo di istruzione, non è sufficiente apprendere solo ciò che utilizziamo usualmente, è necessaria un po’ di cultura generale per poter sostenere le richieste che vengono poste dai nostri utenti.
Studiare è il sistema migliore per rimanere sempre aggiornati su ciò che succede non solo nel nostro mondo.”
Come vedi il livello dei barman italiani e soprattutto come vedi il livello di ciò ruota intorno, e quindi locali, proprietari ma anche clientela?
“Preferisco non esprimere giudizi sull’improvvisazione imperante nel nostro settore .
Oggi non siamo più negli anni 70 , non è più sufficiente avere un po’ di soldi da investire per aprire un locale, la gente è diventata più esigente e quando non è soddisfatta professionalmente, sono amarezze.”
Cosa consigliresti a chi vuole approciarsi alla professione del barman?
“I suggerimenti che mi sento di proporre ai giovani ,sono gli stessi che mi hanno insegnato i miei maestri sin dai tempi della scuola alberghiera: spirito di sacrificio, umiltà, imparare l’inglese.
Oggi è fondamentale ,non farsi tentare solo dal denaro, ma dall’importanza dell’esperienza, si può essere talentuosi, ma senza esperienza non si và molto lontano, sebbene non siano novità rimangono le fondamenta per formarsi nel modo corretto, se si vuole diventare grandi professionisti.”
Quando sei dall’altra parte del banco cosa bevi generalmente?
“Sono un cliente molto classico , quasi noioso, se non conosco il bartender, ma mi trovo in un locale che mi ispira fiducia ordino Martini Cocktail come aperitivo, Margarita come digestivo e Mojito o Moscow Mule se ho voglia di una cosa poco impegnativa.”
Esclusi i drink più noti, cosa consiglieresti da bere?
“Consigliare da bere è una cosa che mi mette sempre in difficoltà, se non conosco il cliente, cerco sempre di sondare quali possano essere i gusti di chi mi trovo di fronte, dopo di che posso formulare la mia proposta.
Come sostengo spesso con i miei ospiti, non tutti i drink presenti nella nostra lista sono di mio gradimento, questo non significa che non siano buoni, ma solo che alcuni incontrano il mio gusto, mentre altri possono soddisfare le esigenze di diverse richieste.”
Parlaci di un drink di tua realizzazione:
“Sono diversi i drink concepiti ai quali sono affezionato.
La creazione di una tecnica ideata qualche anno fa per un cocktail molto scenografico, mi gratifica molto, perché il suo utilizzo ha valicato i confini nazionali, oggi sono diversi i bartender che ne fanno uso.
Pubblicato anche sul libro di Dario Comini come “ Espresso in Negativo “