Musica e bar, canzoni e cocktail, artisti e barman; a prima vista questi binomi possono rivelarsi scorretti, forse sfrontati, oppure stridenti.
Se consideriamo l’insieme di sensazioni, emozioni, gesti, immagini e intenti che possono scaturire dai due mondi possiamo renderci conto di quanto siano in realtà in sintonia tra di loro musica e drink.
Ascoltare musica e bere un cocktail possono rivelarsi due gesti lontani, ma con in comune molto di più di quanto, ad una sommaria analisi, si possa pensare.
Il mondo della musica, ed a maggior ragione da chi la viva in maniera protagonista, è sempre stato associato, in modi più o meno positivi, al mondo degli alcolici.
Se è possibile, anzi quasi naturale, associare la musica all’alcol, è altrettanto credibile associare la figura del musicista a quella del barman?
Diego Re è forse la persona più indicata a rispondere a questa possibilità, anche se la sua stessa natura non può che indicare una precisa risposta:
“Credo che il barman possa essere associato ad un opera o ad un artista contemporaneo ed io sento questo concetto molto forte.
Personalmente ritengo che non basti ascoltare musica rock, avere tatuaggi e indossare un giubbotto di pelle per essere considerato “rocker”: questo è uno stereotipo, mentre “rocker” bisogna esserlo dentro.
Io mi ritengo un barman sui generis perchè fuori dalle righe, e volendo trovare un collegamento istantaneo con la musica associo il concetto con l’essere al di fuori delle righe dello spartito, che è un pò il modo di intendere che hanno avuto i musicisti punk.
Certamente posso ritenermi fuori dal coro, una ottava sopra ed una sotto, e intendo la professione del bartender proprio nel medesimo modo: vedo, osservo, reinterpreto e vivo di reazioni.
Non mi ricorderò le ricette internazionali ma mi ricorderò i nomi dei miei clienti, e come un artista sul palco ti do quello posso e te lo do ora.
Fare il barman per me è diventato una necessità creativa che mi permette di esprimere concetti, senza dover per forza esprimere me stesso, proprio come un cantautore.
Il musicista utilizza la musica mentre io utilizzo altro: lo shaker è la mia chitarra elettrica mentre le note sono i miei prodotti, e sul banco troverai due o tre shaker mentre a casa posso averne a centinaia.
Quando ci si mette carattere e la propria identità nel fare qualcosa, la percezione che tu hai del mondo esterno la ributti con tutti gli elementi possibili ed immaginabili, come in una traccia musicale.
La musica rimane una traccia storica del periodo, ma anche i drink lo sono, basti pensare ai drink dell’era proibizionista che da qualche anno vengono riproposti con la riscoperta del vintage.
Nell’era odierna qualcosa è cambiato, e posso farti un parallelismo tra musica e drink in maniera molto semplice: il Margarita, così come il Mojito, cocktail conosciuto praticamente da tutti, oggi viene proposto in mille versioni, e probabilmente la più apprezzata non segue la ricetta originale.
Tu puoi spiegare al cliente che la realtà è diversa ma gli devi pur fare ciò che egli desidera; con la musica è la stessa cosa, e all’ascoltatore devi dare ciò che si aspetta di sentire.
Nel momento in cui proponi un twist di un drink storico stai effettuando una cover di un pezzo già noto; per questo motivo ho sempre avuto l’abitudine di chiamare i miei twist proprio con questo termine.
Puoi avere un momento di appagamento, nel quale si riesce ad incontrare il concetto del bello, e cioè un’entità che rimane piacevole superando il concetto del tempo: in questo caso la cover rimande identica, così come un Negroni può rimanere lo stesso cocktail che chiedeva il conte Camillo al fido Fosco.
Un concetto a cui sono molto legato è quello della rottura degli schemi, in maniera particolare il fenomeno comparso alla fine degli anni 70 con l’avvento della scena punk.
Il punk diede un taglio netto a ciò che era pomposo e soffocante, portando alla ribalta musicisti che non erano professionisti e che erano visti piuttosto male, quasi ridicolizzati.
Quei due e minuti e mezzo di musica tiratissimi hanno un impatto devasante, e tale velocità si è ripercosa anche nella maniera con la quale si è propagato dagli Stati Uniti all’Europa, più velocemente di qualsiasi altro genere musicale.
Un concetto molto esplicativo del binomio tra musica e bar si trova nel nome di un gruppo punk italiano chiamato Champagne Molotov, nato dalle intenzioni di Enrico Ruggeri, che poi intraprese una carriera differente; in champagne molotov è rinchiuso un gesto estremo rivoluzionario fatto con classe!
Non va poi trascurato che spesso il punto di incontro di una band risulti essere un bar, che è il luogo nel quale si può attingere dal reale con maggior facilità.
Per quello che mi riguarda amo attingere dalla musica: lo scorso anno proposi il mio Sid&Nancy, ovviamente ispirato a Sid Vicious e Nancy Spungen, presentato sopra un cucchiaino con un cubetto di ghiaccio e accompagnato da una siringa; ho voluto provocare con ironia, servendo tre gocce nelle quali si potevano percepire sette sapori.
E’ inoltre interessante notare come si ascolti un certo tipo di musica in precisi momenti della giornata, così come spesso si beve con criterio in base al momento della giornata e dall’umore o dalle sensazioni che possono scaturire in certe ore.”