Italia ed italianità
L’Italia è un paese noto in tutto il mondo per le forti peculiarità che contraddistinguono il proprio popolo: paese di santi, poeti e navigatori per qualcuno; terra ricca di genio, creatività e passione secondo noi.
Per valutare al meglio qualsiasi cosa, da un oggetto ad una questione, è necessario spostarsi all’esterno, in modo da analizzare l’oggetto della valutazione senza condizionamenti.
E’ il metodo che adotterebbe uno scienziato, ed è anche il modo con il quale si riesce ad apprezzare nella giusta misura qualsiasi prodotto, nel senso fisico del termine.
Quante volte è capitato di recarsi all’estero e, colpiti da un inaspettato momento di consapevolezza, ci si rende davvero conto di quanto possano mancarci alcuni aspetti della vita quotidiana nostrana?
Questo fatto si può associare immediatamente a qualsiasi aspetto delle abitudini culinarie del nostro paese: esiste un paese in cui si può mangiare e bere meglio che in Italia? Forse no.
Materie prime, cucina, ricette; ma anche, e forse soprattutto, vino, distillati, liquori, amari, infusi, birre vive ecc ecc.
E perchè mai questa enorme ricchezza non viene valorizzata come meriterebbe?
Per via di una percezione, molto probabilmente errata, che il prodotto che arrivi dall’esterno dei confini sia migliore.
Esterofilia?
A partire dagli anni 50, con l’esplosione del mercato globale (alcuni fanno risalire tale fatto molto più tardi), tutto ciò che avesse la dicitura “america” oppure “americano” era sicuramente migliore dell’equivalente italico.
Questa moda venne in seguito anche adottata dalle persone: basti pensare agli attori ed ai cantanti, tra gli anni 70 e 80, che utilizzavano un nome d’arte anglofono.
E’ una regola del marketing, quella di inserire una parola chiave in un contesto, in modo che la percezione del lettore, potenziale cliente o utente, sia influenzata.
Successivamente, galvanizzati dal successo commerciale delle diciture applicate ai prodotti, qualsiasi oggetto avente una nomenclatura associata ad una zona geografica non italiana, poteva essere un’alternativa a prodotti già esistenti.
La denominazione come veicolo commerciale, nella stessa identica misura in cui l’etichetta “italiano” è stata, e lo è tutt’ora, un ottimo coadiuvante della vendita all’estero.
E’ chiaro che tutto ciò rappresenti un autentico paradosso, vissuto all’interno del nostro paese.
Nel mondo del bere questa regola non risulta essere un’eccezione, non si spiegherebbe il motivo del successo di alcuni prodotti che potrebbero, affermazione non totalmente opinabile, anche non entrare nella vita di ognuno di noi.
Beefeater, Carlsberg, Mateus
Un caso riguarda un prodotto che nella realtà possiede una qualità ampiamente riconosciuta nel settore: il Beefeater.
Il marchio londinese è molto famoso in tutto il mondo, ed alcuni suoi prodotti, come il Beefeater 24, intervengono sovente nella miscelazione.
Nei primi anni 80 il Beefeater divenne molto visibile in Italia, grazie anche a numerosi gadget che venivano marchiati con il logo del brand britannico.
La visibilità fece entrare il Beefeater nell’immaginario collettivo come Gin inglese per eccellenza, mentre in quel periodo la casa di Londra non viveva un buon periodo, ed il Beefeater non era più quel prodotto così conosciuto in patria.
Un caso particolare rigurda la birra danese: il Italia il marchio Ceres è conosciuto da molti, e tutt’ora la birra di Aarhus è una delle birre commerciali più note.
Era opinione di alcuni che la Ceres fosse molto venduta ma poco apprezzata in patria, a discapito della birra Carlsberg: ci fù un momento in cui la birra del colosso di Copenaghen, la birra Carlsberg, risultò la più venduta in Italia, mentre in patria subiva un vistoso calo!
La Carlsberg era quindi considerata in Italia una buona birra, o quantomeno una birra da acquistare, mentre in Danimarca veniva snobbata; in altri paesi europei la situazione era però differente, in special modo nei paesi britannici, dove la Carslberg, grazie anche alle sponsorizzazioni di squadre sportive molto note, vendeva e vende molto.
Il prodotto più controverso riguarda il vino portoghese, su tutti Lancers e Mateus: in Italia questi due vini ebbero un buon successo, vendendo milioni di bottiglie grazie alla grande distribuzione.
Attualmente il Mateus ha perso poco del suo appeal, mentre il Lancers è praticamente scomparso dagli scaffali: entrambi i vini venivano venduti grazie alla fama che la tipologia di vino lusitano conserva, mentre in patria vengono considerati prodotti di scarsa qualità.
Altri casi?
Ma quanti e quali prodotti possono essere incusi in questa lista, togliendo lo spazio che meriterebbero invece gli ecellenti prodotti del nostro paese?
Siamo certi che potrebbero essere riportati infinti pareri e casi di prodotti che in patria non riscuotano un egual successo che in Italia, ma soprattutto i casi contrari, e cioè tutti quei prodotti italiani che, non meritano il successo che riscuotono altrove.