Grappa e cocktail possono apparire due termini dello stesso sistema ma in contrasto tra di loro; questo accade per via di un fattore che spesso risulta più considerevole dell’oggetto stesso che si prende in esame: la non conoscenza.
La Grappa è un prodotto nostrano di grande tradizione, spesso legata ad un contesto popolare, mentre la miscelazione, soprattutto negli ultimi anni, ha raggiunto livelli di eccellenza: l’utilizzo del celebre distillato in bevande miscelate non è stato preso nella giusta considerazione, se non ultimamente.
Questa peculiarità appare piuttosto stravagante, se si considera che i distillati più utiizzati e rinomati sono spesso derivati da prodotti di base meno raffinati ed armoniosi rispetto all’elemento di partenza dal quale si produce la grappa.
Per dimostrare che il binomio grappa-cocktail è assolutamente vincente scopriamo il valore di un altro binomio sicuramente formidabile: la Grappa Nardini ed il Barman Mauro Uva.
Mauro, grande conoscitore di miscelazione e di grappe, comprova la bontà di questo grande connubio.
Un pò di storia…
GRAPPA E STORIA
“L’acquavite, cioè la maggior parte dei distillati, è legata all’alchimia, in particolare alla distillazione di erbe aromatiche.
L’alchimia arrivata qui da noi ai tempi di romani, essendo passata dall’Asia, all’Egitto e dalla Grecia ed infatti il proprio nome deriva da un termine greco a cui venne successivamente aggiunto l’articolo in lingua araba.
Il nome stesso evoca una certa importanza: l’acquavite non è altro che l’acqua di vita ed ha una storia millenaria: la pratica del lambiccare è una vera e propria arte.
Gli egiziani distillavano già nel 4000 a.c. mentre in Cina si lavoravano delle piante officinali già nel 2000 a.c.; grazie ad alcuni scavi archeologici è possibilire stabilire che nel 500 a.c. si distillava in Mesopotamia.
Secondo una antica leggenda un legionario romano di stanza in Egitto trafugò un alambicco e si stabilì in Friuli nella zona di Cividale e distillò con le materie prime del luogo, in primis vinacce.
Lo storico Luigi Papi ritiene che nel 511 avvenne la prima opera di distillazione in Friuli ad opera dei Burgundi, i quali derivavano dall’attuale Austria ed erano essenzialmente barbari; essi portarono le loro tecniche di distillazione del sidro.
Lo storico Luli nel 7° secolo scrisse in un paio di trattati dell’ottenimento di alcol; fu egli stesso a parlare di “alcol” come prodotto della ditillazione.
Nel 15° secolo Savonarola scrisse il primo trattato inerente all’ottenimento dell’acquavite; se dapprima la grappa veniva usata come medicinale, nel secolo successivo venne portata in tavola; addirittura Dante sostenne che la grappa veniva utilizzata dai monatti per sopportare alcune situazioni, motivo per il quale erano perennemente sbronzi.
Per lo stesso motivo la grappa veniva chiamata “coraggio liquido” dai militari durante la prima guerra mondiale, perchè dava sostegno morale e fisico contro il freddo.
Nel 17° secolo venne fondata a Venezia la corporazione degli acquavitieri, a conferma della diffusione della grappa, ed a metà dello stesso secolo si parla inequivocabilmente di grappa e di vinaccia.”
Grappa Nardini
“Nardini venne fondata nel 1779 da Bortolo Nardini, di origini trentine, il quale si innamorò del luogo della città di Bassano e con l’aiuto della famiglia aprì una bottega nella quale distillava grappa ed altri prodotti.
Bortolo fu un grande amici degli storici stampatori Remondini di Bassano ed infatti la etichetta della grappa 50 è quella realizzata da loro stessi.
Hemingway e la regina Elisabetta furono due dei molti personaggi noti a visitare la distilleria, che oltre ad essere la più antica d’Italia è una delle più grandi del mondo.
Dalla nascita dell’azienda ad oggi sono passate sette generazioni che si sono tramandate l’arte, donando una continuità anche nella qualità.”
LA RIQUALIFICA DI UN GRANDE PRODOTTO
“La grappa è un distillato di origine contadine: nel passato i contadini stessi non buttavano vià nulla e quindi, dopo avere prodotto il vino ed il vinello (un sottoprodotto del vino, molto più annacquato, frutto di una seconda fermentazione), utilizzavano le vinacce per la grappa, utile per disinfettare e curare.
La legislazione italiana ebbe un peso importante nel relegare la grappa come prodotto di seconda categoria, perchè la denominò prodotto da materia prima di scarto: la grappa è un orgoglio italiano, non certamente uno scarto!
Fortunatamente sempre più produttori di grappa, dai grandi brand ai produttori più piccoli, hanno abbandonato la distillazione continua per passare alla discontinua, usando tecniche nuove e passando ad utilizzare vinacce mono vitigno, che donano caratteristiche particolari ed una qualità eccezionale.
Credo che entro un paio di anni il prodotto troverà un mercato più ampio, nonostante il palato delle nuove genrazioni non sia costruito in maniera così selettiva, per via della quantità industriale di zuccheri che vengono immessi in qualsiasi prodotto.
E’ importante la costruzione di un palato “saggio” che sappia apprezzare toni e sapori, perchè si sta creando un movimento che torna ad aprezzare questo tipo di prodotti.”
LE TIPOLOGIE
“E’ importante conoscere le giuste tipologie di grappa, per saperla apprezzare meglio ma anche per imparare a miscelarla.
La grappa si distingue sostanzialmente in tre categorie:
- giovane, conservata in silos di acciaio per un massimo di sei mesi;
- invecchiata, affinata in botti tra i 12 e 18 mesi;
- riserva, invecchiata in botte per almeno 18 mesi.
E’ opportuno affermare che i termini “affinata” e “barricata” privi di una indicazione temporale non hanno nessun significato ma sono usate da alcuni brand per confondere l’utente finale, e ciò è imbarazzante.
La grappa può essere ulteriormente catalogata in base al tipo di vitigno dal quale deriva: è evidente che una grappa derivata dalle vinacce di un monovitigno di raboso sarà differente da una derivata dalle vinacce di uva fragola: i sapori sono differenti e ci si può far guidare durante una degustazione o un abbinamento anche da questo fattore.”
Grappa e cocktails
LA MISCELAZIONE
“E’ importante conoscere la grappa e le grappe e avere la cognizione di che tipo di prodotto si abbia tra le mani.
Le grappe vanno ad abbinarsi naturalmente ad alcuni sapori, e l’uso di un tipo rispetto all’altro nello stesso cocktail dona sensazioni diverse.
Una grappa giovane utilizzata in una rivisitazione di un classico come il Negroni darà un risultato negativo, per via dell’aggressività; andrebbe utilizzata una riserva, che si presta molto meglio.
Personalmente consiglio di utilizzarla in abbinamento con il miele, che è un prodotto al quale la si associa anche nella tradizione; grappa e miele è una sorta di tonico rurale nella cultura friulana.
Le grappe giovani le utilizzo comunque, come nel caso di un mio twist che ha suscitato un ottimo riscontro, il Veneto Muss: è una chiara rivisitazione nostrana del Moscow Mule, con l’uso del succo di limone invece del lime, il quale ha un’acidità più accentuata, ottima per equilibrare la spiccata vivacità della grappa bianca, che con l’aggiunta di ginger beer conclude la ricetta.
Nonostante l’iniziale diffidenza di alcune persone ho sempre avuto riscontri positivi: è un mondo nuovo e va scoperto insieme con la clientela.
La vodka nel Moscow Mule da il grado alcolico mentre la grappa nel mio drink dona delle sensazioni in più, e non si ha solo il sapore del ginger beer.
Consiglio anche il Mojito con la grappa, più caratteristico, perchè nel mojito si usa di norma un rum bianco commerciale, privo di carateristiche accentuate che vengono invece donate dalla grappa: la grappa giovane da carattere e aroma, mentre quelle invecchiate le consiglio con i classici.
Il problema di base che rallenta l’uso della grappa nella miscelazione è la non conoscenza del prodotto: tutti conoscono mezcal, tequila e rum ma nessuno sa niente di grappa: lo trovo senza senso!
Sono molto felice nell’osservare che anche altri brand si stanno muovendo nella direzione di Nardini, puntando sul consumatore finale e su noi barman, che abbiamo molta responsabilità nell’insegnare ad aprezzare altri prodotti.”