Max Morandi è uno di quei barman facilmente riconoscibili, e non solamente per via del suo aspetto: parlando con Max si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte ad una persona estremamente rilassata, propensa a dialogare e con punti di vista piuttosto identificabili.
Max Morandi esercita la professione ad Abano Terme, certamente non una delle capitali del bere, ma è spesso identificato con alcuni celeberrimi marchi facenti parte del mondo dei bartender, come Campari e Planet One: questa doppia valenza sembra donare a Max un perfetto equilibrio, che ben si sposa con una frase che ben identifica il proprio pensiero: vivi e lascia vivere.
Nonostante sia lontano, almeno geograficamente, dalle capitali del bere Max ha contribuito in maniera notevole a far conoscere il locale nel quale lavora, lo Small Batch, autentico gioiello nella provincia patavina. Questo il pensiero di Max Morandi.
Inizio, carriera e Small Batch
GLI INIZI
“Io ho iniziato venti anni fa nella maniera comune un pò a tutti, in cui c’è anche dell’improvvisazione; successivamente mi sono avvicinato all’Aibes facendo corsi con loro, per poi indirizzarmi verso l’american bartending con la Planet, che ho ritenuto un modo di lavoro più appropriato a me.
Con la Planet ho incominciato anche a fare catering, per poi entrare nel settore del training.
C’è stato quindi un cambiamento, così come lo si vede anche nel settore del bar; tale cambiamento, per quel che mi riguarda, è passato dal flair ed è arrivato alla mixology che, prima a Milano e poi a Roma, ha raggiunto tutto il mondo del bar.
Al momento credo che la mixology rispecchi la mia dimensione, e reputo questo fenomeno positivo perchè ha portato alla ribalta un aspetto più educativo e culturale del bere.
In questa direzione nasce il progetto dello Small Batch, che è un’innovazione nella nostra zona: qui a Padova, ed in genere in tutta la macro area, l’aperitivo è mono marca ed è sinonimo di Spritz Aperol.
Noi abbiamo iniziato a mettere in vetrina la miscelazione, pur non inventandoci nulla di nuovo: negli ultimi cinque o sei anni abbiamo osservato molto la miscelazione che viene attuta nelle grandi capitali del bere per portarla ed adattarla alla nostra realtà.”
IL VOSTRO LAVORO E’ QUINDI ANCHE DI INFORMAZIONE?
“Io credo che ci siano molti grandissimi barman qui nella zona di Padova, che conoscano molto bene la miscelazione, ma che per timore di poter perdere una parte del lato economico rimangano molto “leggeri”, destinando una piccolissima parte del proprio core business al lato culturale-qualitativo: in questa ottica spritz e moscow mule rappresentano il novanta per cento, se non di più, del cassetto, mentre la restante parte viene divisa tra tutto il rimanente.
Da noi allo Small Batch viene attuata una politica ben precisa, secondo la quale non si fanno certi drink, non si servono shot, non si organizzano feste di compleanno; la nostra carta dei cocktail prevede circa venticinque drink, di cui una decina classici e il resto di nostra realizzazione, lavorando con home made e prodotti di qualità.
Chi viene allo Small Batch accetta di bere e di fidarsi della nostra proposta, con il concetto della ristorazione: in questa direzione può sembrare antipatico ma se ci si pensa bene è considerato sconveniente chiedere un piatto non presente nel menù, e così dovrebbe essere anche in determinati bar.
Questa volontà è stabiità dal fatto che non vogliamo attuare politiche di massa ma concederci ad una nicchia di mercato: non siamo uno speakeasy ma se non ci sono tavoli liberi non si entra nel locale.
L’equilibiro tra qualità e profitto impone che il servizio sia abbastanza veloce, in modo da rinnovare gli ottanta posti a sedere che abbiamo, cercando di dare la possibilità a più persone di poter vivere l’esperienza che offriamo.
All’interno del locale c’è una lavagna che riporta alcune regole: queste sono stabilite per poter rendere lo Small Batch un luogo tranquillo, nel quale poter bere e parlare: non troverai mai gente che urla e che fa casino.
Noi siamo ad Abano Terme, che è una realtà provinciale ma in cui si può lavorare con un certo criterio; ho lavorato in molte tipologie di bar e ho notato che per dare longevità al locale si deve puntare sulla qualità, non ci sono altre vie.
Credo che la strada del bere consapevole, unita all’avvento della mixology, portino nella direzione nella quale ci siamo incamminati. Gli speakeasy, che credo non durerano molto, o almeno non ovunque, sono stati molto importanti nella diffusione di questo tipo di miscelazione, che non è legata solo alla vendita.”
Mixology e miscelazione
IN AMBITO MIXOLOGY NON CREDI CHE A VOLTE IL LIVELLO SIA TROPPO ESTREMO PER POTER ESSERE REPLICATO IN UN LOCALE?
“Faccio un passo indietro, perchè non amo polemizzare il lavoro dei colleghi: ognuno dovrebbe occuparsi del fare ciò che gli piace. Se una cosa ti piace e la fai.
Secondo alcuni colleghi è assurdo trascorrere una buona mezza giornata per preparare home made che verranno utilizzati in quattro ore di lavoro ma secondo me ognuno fa ciò reputa giusto per se stesso e per la propria clientela.
Personalmente preferisco sviluppare il mio tempo libero all’esterno del mondo del bar, ma è una mia attitudine personalissima; però sento forte la passione che questi operosi colleghi hanno, la si vede direttamente dai loro occhi quando vado a trovarli nei loro locali.
Queste figure sono anche riferimenti stimolanti per altri colleghi, non trascuriamolo, perchè trasmettono voglia ed interesse.
Poi esistono anche gli estremi, che in un certo senso rinnegano il passato: non dimentichiamo però che in fondo siamo baristi, serviamo da bere, non salviamo vite.
L’importante è avere una grande differenza tra le realtà, perchè aiuta sia il mondo del bere che il mercato.”
JIGGER O METAL POUR?
“La precisione passa per entrambi i metodi; io utilizzo il jigger perchè rientra nella politica del locale ed il tipo di lavoro che faccio, basato sul solo servizio ai tavoli, mi permette di lavorare così.
Quando invece mi trovo in una fase di lavoro particolarmente stressante utilizzo il free pouring per smaltire la comande: a tale proposito posso tranquillamente confrontarmi con coloro i quali critichino il free pouring perchè riesco ad essere ugualmente preciso così, ed il perfect pour parla chiaro.
Sono comunque a favore di entrambi i tool, e vedo jigger e metal pour come due abiti; se devo uscire elegante “indosso” il jigger mentre se devo andare a correre “indosso” il metal pour.
Sono abbastanza democratico, in generale nella vita, e la vedo così anche in questo ambito.”
Formazione consigli
TU SEI UN TRAINER, COME REPUTI LA FORMAZIONE?
“La formazione è fondamentale in qualsiasi settore: è importante valutare anche i cambiamenti dei settori di appartenenza.
Ho trovato alcune figure che rinnegano la formazione, reputandola non così importante: sono gli stessi che sono passati dai famosi corsi base, percui noto un chiaro contro senso.
La formazione è basilare ma ci vuole anche dell’equilibrio: dopo un corso di quaranta ore non si diventa professionista.
In genere chiunque si presenti ad un colloquio si imbatte nella medesima domanda, e cioè quali corsi abbia svolto o dove abbia lavorato: è banale ma è la realtà.
Credo sia giusto passare per la formazione prima di entrare nel mondo del lavoro, soprattutto in tempi odierni.”
CONSIGLI PER CHI SI VOGLIA AVVICINARE AL MONDO DEL BAR?
“Questo lavoro non è fatto solo per i grandi professionisti, dipende poi da come si approcia.
Io ho passato gran parte del mio tempo facendo il barman che si diverte, e per certi versi sono stati anni che sono andati persi, se non per i miei ricordi.
Ho avuto corsisiti che in un paio di anni hanno avuto grandi soddisfazioni sotto il punto di vista professionale ed economico, perchè si sono veramente impegnati.
Questo mestiere da ancora delle buone possibilità, sia dal punto di vista economico ma anche da quello personale, grazie ai rapporti sociali che si possono instaurare.
La differenza tra comprare una birra al supermercato e prenderla in un bar al triplo o quadruplo del prezzo sta nel barista, perchè in un certo senso il cliente compra anche te: questa sensazione deve essere viva e dettata dalla passione, che insieme alla tecnica rappresenta il tutto.
Importare sapere leggere le situazioni.”