Mirko Laici, barman giramondo

Mirko Laici, professione barman

Conosco Mirko Laici da oltre dieci anni, dai tempi in cui frequentava il Film di Varese, un ristorante american bar presso il quale ho lavorato per diverso tempo. Venni a sapere più tardi che era uno dei barman più noti della zona, divenendo una celebrità a livello nazionale grazie alle proprie esperienze, sia come barman che come insegnante.

Lo ricontatto ora perché voglio confrontarmi con lui in merito al mondo del bartending, pur conoscendo in parte il suo pensiero.

Sono al corrente che dal novembre del 2014 è in giro per il mondo in bicicletta, ma forse proprio il distaccarsi da un mondo che è stato suo per più di due decenni potrà far emergere delle considerazioni nuove, o comunque diverse.

mirko laici barman

Un barman in giro per il mondo

Sono a casa davanti al pc in attesa di un segnale da skype, sperando che Mirko non abbia difficoltà a connettersi da Baku, capitale dell’Azerbaijan. Arriva puntualissimo e riconosco la sua voce profonda, forse troppo, direi stanca. Probabilmente si trova ospite di qualcuno, o di qualche struttura in cui non possa rumoreggiare troppo: dopo tutto a Baku sono le 23. Il segnale non è pulitissimo, quindi qualcosa andrà inevitabilmente perduto.

Parliamo del suo viaggio in bicicletta: è partito nove mesi fa a cavallo della sua bici in direzione Oriente. Dopo avere attraversato i paesi della ex Jugoslavia, l’Albania, la Grecia ,la Turchia e la Georgia, ora si trova nella ex repubblica sovietica dell’Azerbaijan.

Il mondo del bar secondo Mirko Laici

Dalle prime battute capisco che non sarà la solita chiacchierata tra barman, per cui decidiamo di non darci regole e preferiamo conversare; gli chiedo di parlarmi di quello che pensa intorno al bartending.

“Ho amato questo lavoro, l’ho amato davvero tanto. Sono a favore di tutte le cose, almeno sino a quando la gente non si fa prendere da alcune manie perdendo l’essenza originale di quello che fa. Ho visto le tre stagioni del barman: una volta c’erano i baretti che facevano il Martini cocktail o il Negroni, da li è cresciuto il bartending, importato dall’America.

Sono nate realtà importati come la 3F e l’evoluzione della professione ha permesso che si imponessero i giocolieri, con il flair bartending. Questo passo ha fatto si che si perdesse di vista la vera essenza del bartending. Successivamente, oramai da qualche anno, si è imposta la mixology.

Come livello medio siamo tornati indietro facendoci superare da molti altri colleghi europei. Tutti si sono fatti crescer la barba (si ride entrambi di gusto e si ipotizza in un prossimo futuro che anche le donne se la facciano crescere).

Ne parlavo giusto poco tempo fa con Simone Maci, uno dei più grandi barman d’Italia. Ago Perrone non ha mai avuto la barba nonostante sia stato due volte miglior barman al mondo. La barba possono averla tutti ma questo lavoro non è conformismo.

Io sono in giro da 9 mesi e quindi non mi rado da un bel pò di tempo, così ho detto ad Ago Perrone che ora posso tornare a fare il barman anche io.”

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Gli inizi: dall’alberghiero ai bar

“La mia storia di barman te la posso raccontare in vari modi: in modo romantico, in modo triste, oppure in entrambi i modi. Io ero il classico personaggio che non andava bene a scuola perché non mi interessava il perfetto clichè del “ha le capacità ma non si applica”.

Ho frequentato l’istituto alberghiero di Stresa a 16 anni, nel 91; la scuola era difficile tanto che per entrarvi dovevi fare due giorni di esami. Era un istituto 5 stelle, si trattava della professione con i guanti bianchi in sala e cose del genere. Spesso saltavo la scuola, e tra un giro e l’altro iniziai a frequentare un bar in cui andai a lavorare come lavapiatti appena mollai gli studi.

Da lavapiatti divenni aiuto barista ed iniziai a girare per i locali. Nel 95 vidi girare la prima bottiglia e la cosa non mi piacque perché la reputai sin da subito una perdita di tempo. Ma non mi fermai li, perché la curiosità è stata sempre la mia benzina: è il sale della vita. Prima di giudicare male la professione decisi di frequentare un corso ed ebbi la fortuna di avere dei maestri degni di tal nome.”

I corsi di formazione

“A quel tempo gli insegnanti avevano una grandissima esperienza alle spalle, e non erano di certo gli allievi dell’anno precedente che si inventavano istruttori. Conobbi Paulo Ramos, che reputo la persona che ha introdotto il bartending in Italia, un personaggio fondamentale nella nostra storia. Con lui Alex Cardoso, socio di Paulo, che è stato ed è un altro grande professionista.

Ho avuto questa fortuna e da lì mi sono buttato a capofitto: facevo avanti e indietro Varese-Monza e conosci, conosci, conosci ho lavorato come insegnante. Ho fatto stagioni invernali ed estive, cambiando molti posti e facendo molta esperienza, trascorrendo momenti meravigliosi e arricchendo il mio bagaglio.

Il rovescio della medaglia è che ho anche iniziato a divertirmi, forse un pç troppo, diventando molto “rock and roll”.

C’è che si è perso in quella vita e così ho iniziato a seguire tutto ciò che c’è dietro al servizio. Essere professionale, capire i clienti ancora prima che arrivino al bancone, accogliere ogni tipo di persona, accettare e gestire le rotture , che sono inevitabili.”

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Smash

“Ho deciso così, nel 2006, di aprire un locale: lo Smash, con Simone Maci. Il mio sogno si è trasformato successivamente in un incubo: commercialisti e avvocati non facevano parte del mio mondo, ma ero obbligato ad averci a che fare.

Subentrò il meccanismo della monotonia: stesse cose, stessi meccanismi. Dopo 22 anni ho quindi deciso di smettere: il bartending mi ha dato tanto, tantissimo, ma il mio tempo è finito.

Di tutta questa esperienza posso affermare una cosa fondamentale, un consiglio che voglio dare a tutti gli aspiranti barman: dietro a tutto c’è la passione; questa professione va fatta con passione.

E’ una professione che necessita di passione ma anche di professionalità. Ci sono troppi sedicenti barman che si improvvisano, sia nel fare il bartender ma anche il manager o nell’aprire un locale.”

Scuole e corsi

“Il problema delle scuole di adesso è che ce ne sono troppe e nella maggior parte di esse non sanno cosa significhi insegnare. Insegnano cose che insegnavo io almeno quindici anni fà, le stesse; l’80% delle nozioni sono le stesse!

Quando molti ragazzi mi chiedevano consigli rispondevo loro: dove hai fatto il corso Ed in base alla risposta io sapevo indicare loro cosa gli avevano insegnato ed in che modo. Ragazzi che facevano corsi da 8 lezioni, 10 lezioni: il fatto principale è questo: il corso deve essere fatto ma il tuo insegnante deve capire come insegnartelo e capire chi sei tu.

Ci sono degli errori che accadono per motivazioni differenti: se sbagli versata ci sono almeno 15 motivi, quali la tensione, la presa, il polso e molte altre cause, il finale è che la versata è sempre sbagliata! Bisogna trasmettere la passione!

La professione del barman è un lavoro duro e senza passione non puoi sopravvivere. Ci sono quelli che lanciano 4 bottiglie e si sentono appagati, quelli che hanno la barba lunga e si sentono bravi!

Magic Bar

Magic bar è tutta colpa di Paolo Magnoni, e ti chiedo di scriverlo in grande (grasse risate). Paolo è il mio socio a vita, non che amico. E’ una persona stupenda sotto il 95% dei lati da cui lo guardi. Il restante 5% lo sa lui il perché; è una delle persone migliori che abbia mai conosciuto in vita mia.

Paolo è stato il primo barman a cui ho visto far girare la bottiglia, al Crazy Bull di Castellanza nel 96: quando lo vidi gli chiesi: cos’è? E lui mi presentò quel mondo, dal quale diffidavo.

In quegli anni lavoravo molto ed in diversi locali, ed un bel giorno Paolo mi chiamò; aveva conosciuto i fratelli Milani in una scuola a Pinerolo, e mi propose di aprire una società con loro. L’investimento non era altissimo, si trattava di una cifra corrispondente ad una automobile.

Se un domani avessimo fallito sarebbe stato come schiantarci con la macchina, ed allora ci saremmo fatti una bella risata e avremmo ricominciato: questo è stato l’attimo in cui è nato Magic Bar. Siamo andati, Paolo ed io, a trovare i fratelli Milani e a studiare il loro corso, abbiamo aggiunto quello che secondo noi andava incluso secondo il nostro background.”

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Il successo del format

“Una volta avviato il corso abbiamo avuto allievi da ogni parte d’Italia, da nord a sud passando per le isole. Per due ragazzi di Pinerolo e due della provincia di Varese rappresentò un enorme successo, perché il fenomeno era a livello nazionale.

Oltre ai corsi ci movemmo anche a livello di attrezzature, andando a ricercare le novità nei mercati esteri. Siamo stati noi ad importare per primi le flair bottles ed avendo l’esclusiva nazionale potevi trovarle solo grazie a Magic Bar.

Quando i fratelli Milani decisero di ritirarsi rimanemmo Paolo ed io ma non eravamo pronti a gestire tutti i lati che ci sono dietro alla direzione di una scuola. Il solito commercialista, le solite tasse ecc ecc: non eravamo nel nostro mondo e non era il nostro mestiere. Tra l’altro ci sono ancora persone che ci devono del denaro, ma questo è un altro discorso…

Paolo decise di cambiare vita ed emigrò a Fuerteventura mentre io decisi di aprire un locale, ma l’esperienza rimase unica!

Il barman in viaggio

In sottofondo si sentono rumori di stoviglie e immagino sia immerso in altre faccende. La conversazione vira inevitabilmente sul viaggio perché la storia è troppo affascinante per non essere raccontata.

Dopotutto il bartending è anche possibilità di viaggiare, perché il barman parla una propria lingua internazionale.

Ho fatto un viaggio test per capire se fossi in grado di viaggiare da solo così andai in Thailandia per poco più di tre settimane acquistando il solo biglietto aereo di andata e ritorno. Ho conosciuto delle persone che hanno fatto esperienze straordinarie e mi hanno colpito.

L’ acquisto della bicicletta per il viaggio è avvenuto poco prima di partire e non ne ho mai avuto una prima, se non quella prima del motorino, quindi figurati pedalare 100 km al giorno per nove mesi! Inizialmente ho avuto dei timori, ho passato delle notti in bianco e altre con il coltello in mano, ma ovunque mi sono trovato divinamente.

Utilizzando programmi come il  couchsurfing hai la possibilità di trovare persone che condividano esperienze con te e ti facciano comprendere meglio la realtà del luogo in cui ti trovi. Il tutto con la curiosità, che come ti dicevo prima, è il sale della vita, esattamente come nella professione del barman.

Ovunque la curiosità è la cosa che ti fa crescere, la benzina che ti fa avanzare: lo dicevo sempre nei miei corsi, di non credere a nessuno, nemmeno a me stesso.”

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Il viaggio continua

“Andate, provate, fate, se avete dei dubbi cercate di risolverli, magari smontando le teorie che io stesso vi sto consigliando. Io sto provando esperienze meravigliose e sto conoscendo persone squisite. In Turchia stavo affrontando una salita quando una pattuglia della locale polizia mi ha fatto accostare; ho pensato di tutto. Dopo avermi fatto molte domande mi dissero: tra due chilometri c’è un ristorante, fermati laggiù: siamo arrivati e mi hanno offerto un caffè.

Mi è capitato di fermarmi davanti ad alcune case chiedendo se potessi mettere la tenda nel loro giardino per passare la notte – sto viaggiando con un budget limitato, di circa 10 euro al giorno – e ho trovato la signora che mi preparava la cena, oppure la famiglia che mi preparava la colazione per il giorno dopo.

Decido di congedare Mirko, domani dovrà svegliarsi presto perché nei prossimi giorni dovrà pedalare per 500 chilometri in mezzo al deserto, per raggiungere l’appuntamento con la prossima meta.

Ci salutiamo con la mia promessa di seguire il suo viaggio e di sentirci nuovamente, magari con qualche altra nuova riflessione sul mondo del bartending che, chissà, gli ha permesso di diventare la grande persona che è. Se mai ci fosse ancora il bisogno di menzionare le enormi possibilità che questa professione offre, grazie a Mirko Laici.

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