Leandro Serra, un gioiello nella Maddalena

Leandro Serra, un barman alla Maddalena

Leandro Serra è un barman molto esperto che ha saputo creare un autentico gioiello in un luogo splendido, ma su cui pochi avrebbero scommesso si potesse costruire qualcosa di così bello. Per via della particolarità dell’Isola della Maddalena, così distante dai canoni delle grandi città in cui risiedono i locali più noti.

Sento Leandro al telefono ed è felice: la sera precedente ha ospitato diversi clienti stranieri che sono rimasti strabiliati della serata al Duke.

leandro serra

Il Duke

“Il Duke è diventato un punto di incontro per bere bene perché abbiamo una vasta scelta di prodotti, locali ed internazionali. C’è  una lunga lista di whisky e rhum, ma anche gin e vodka, cognac ed armagnac. Cerchiamo insomma di accontentare i gusti di tutti gli ospiti.

Il nostro locale è particolare anche per via della locazione, e cioè qui all’Isola della Maddalena: viviamo quindi due stagioni ben distinte dall’afflusso dei turisti ed abbiamo una forte affluenza di stranieri. Giusto ieri sono entrati tre turisti e appena dentro hanno esclamato “wow”. Subito dopo la stessa esclamazione da parte di una coppia di stranieri.

Questo perché quando hai una bottigliera importante attiri l’interesse del cliente, e la bottigliera non deve essere un museo perché questa non è una casa ma un luogo di accoglienza.

Quando vieni al Duke devi essere disposto a prenderti ( e perderti) un poco del tuo tempo. E’ una frase che dovrebbe essere scritta in ogni locale, contro la frenesia che sta prendendo tutti quanti. Dobbiamo renderci conto che la vita è un movimento di farfalla e dobbiamo godercela di più. Io lo dico anche ai miei clienti: “This is my dream, this is my toy”.

isola maddalena

Gli inizi della carriera di Leandro Serra

“A 15 anni ho intrapreso degli studi professionali che non avevano nulla a che vedere con il mondo del bar. Avevo uno zio che da termoidraulico girava il mondo per lavoro ed io volevo seguire le sue gesta. Nello stesso momento frequentavo l’Isola della Maddalena perché venivo a visitare un mio fratello che faceva il militare proprio qui, in una base dell’esercito. Così ogni weekend ero qui, ed è stato subito amore a prima vista.

Grazie a mio fratello trovai un posto in un bar ed all’inizio non fu affatto facile, soprattutto per via degli orari che non collimavano con quelli di un giovane della mia età. Lentamente però mi adattai, e il fatto di non superare le visite per entrare nella marina mi convinse a cercare lavoro in un altro locale con un approccio diverso, e cioè studiando e documentandomi.

Erano gli anni 80 e la clientela era più esigente, e per questo c’era anche maggiore attenzione verso gli ospiti, Non esisteva la clientela giovanile di adesso ma l’età media era più alta, e quindi anche il mondo del bere era diverso.

La Maddalena all’epoca era ben frequentata da una varietà incredibile di clienti, i quali portavano idee e gusti delle proprie terre, per cui era più facile anche l’apprendimento. C’erano moti francesi per via del Club Magic, l’attuale Club Mediterranee, e vi erano molti inglesi, quindi tanti gusti e tante idee, che hanno favorito la mia formazione”.

In questo modo hai ribaltato il concetto di isolamento che deriva dalla parola “isola” perché nel tuo caso è il “mondo” che arriva da te:

“Certamente, considera che negli anni 80 qui c’era un clima di grandissimo fermento e di turismo. Nell’isola c’erano due Club Mediterranee, un villaggio Touring Club ed uno Valtur, i quali attiravano migliaia di turisti.

Questo fattore è stato fondamentale anche nella mia crescita professionale ed umana perché sono arrivato qui che avevo diciassette anni e ho potuto osservare una moltitudine di persone che arrivavano da ogni dove, portando idee, novità e confronto“.

barman leandro serra

Quindi le tue esperienze lavorative sono localizzate all’interno dell’isola:

“Posso considerarmi un autodidatta che non ha avuto considerevoli esperienze al di fuori del mio territorio, la mia vita professionale è nata qui nella Maddalena tra locali e strutture recettive dell’isola. Sono stato per due anni bar manager in una struttura del gruppo Mercegaglia ed abbiamo avuto la possibilità di ospitare il G8, esperienza incredibile che mi ha permesso di mettermi a confronto con un certo tipo di clientela.

Oltre alla possibilità di provare esperienze nell’isola c’è stato un altro fatto determinante ai fini della mia crescita e cioè il contatto con il mondo Aibes, nel 1996, anno in cui sono entrato a fare parte di questa grande famiglia.

Mi sono iscritto attraverso un esame ad Alghero e da quel momento ho avuto l’opportunità di conoscere persone straordinarie, veri professionisti del bere miscelato, e grazie attraverso queste figure ho preso in mano i libri ed ho studiato.

Sono fiduciario Aibes dal 2008 ed oltre ad avere una grande responsabilità sto avendo grandi soddisfazioni, e stiamo facendo una gran bella figura in tutta Italia, portando il nostro modo di fare accoglienza per tutto il paese.

Riusciamo ad organizzare eventi molto importanti, come la giornata con Franco Gasparri, nella quale abbiamo discusso di distillati, la giornata Branca a Cagliari, la giornata Appleton ad Alghero grazie alla Campari Academy: tanti eventi che riproporremo in futuro”.

Parlami del tuo locale, il Duke:

“Nel 98, e per 12 anni, ho gestito il Cafè Madrau nel centro della Maddalena insieme alla mia famiglia ed è stata l’esperienza fondamentale che mi ha dato la partenza per aprire il Duke nel lontano 2010.

Ai tempi il locale era adibito al commercio di mobili etnici e una volta entrato ho immediatamente capito che quello era il luogo giusto per il mio locale. Ho atteso sino all’anno successivo perché si liberasse e nel 2012 ho ottenuto le chiavi del locale, iniziando i lavori grazie ad un bravo architetto che ha messo in pratica le mie idee.

Il nome non ha pertinenza con David Bowie ed il suo soprannome (il duca bianco, ndr) come alcuni hanno supposto. Duke deriva dal nome della squadra di basket del campionato universitario statunitense per la quale tifo, e cioè la Duke University della Carolina del Nord. E’ stata una scelta istintiva; i colori dell’insegna rimandano infatti ai colori sociali della squadra Un cliente, entrando per la prima volta nel locale, lo chiamò “la boutique del drink” e non fu l’unico…”


duke cocktail

Quale servizio offrite ai vostri clienti?

Innanzitutto l’ospitalità, che è importantissima. Quando l’ospite arriva voglio che si senta nel salotto di casa sua, per cui la prima parola che dico è “benvenuti al Duke”. I drink variano a seconda del momento ma abbiamo una vasta scelta comprensiva di liquori e distillati nazionali ed internazionali.

Lavorando molto con la frutta fresca proponiamo drink legati a frutti per lo più estivi, accompagnandoli spesso con delle bollicine, piacevoli al gusto e piuttosto leggeri. Per coloro i quali preferiscano toni speziati abbiamo una vasta offerta di cocktail con zenzero fresco, inoltre prepariamo molti Margarita e Tommy’s Margarita.”

Cocktail and co.

Quali sono i tuoi cocktail per i quali vai particolarmente fiero?
“Lo zenzero dream, che va per la maggiore, ed altri moderatamente alcolici e particolarmente beverini, che si prestano ad essere consumati in ogni ora del giorno. Altro drink interessante è il Lord Byron a base di bitter, liquore all’arancia, gin e vermouth dry, è un aperitivo amaricante e non troppo forte. L’Isolana, con vodka, liquore alla pesca, succo di arancia e mandarino fresco, chiudendo con delle bollicine: con questo drink ho vinto un premio all’isola d’Elba. Lo Sweet Event è invece un after dinner a base di caffè, Drambuie, liquore Galliano e crema di latte, vincitore del premio del redentore nel 2003 a Venezia.

La nostra lista dei drink cambia spesso: abbiamo i classici come il Moscow Mule, Mojito, Margarita oppure Caipirinha al mango, al kiwi, all’ananas. Proponiamo in genere in base a ciò che di fresco abbiamo.”

Quando sei invece dall’altra parte del banco come preferisci bere?

Il mio aperitivo preferito è il Cocktail Martini, insieme all’Americano. Se vado in posti che però non conosco preferisco un calice di bollicine. Mi piace anche farmi guidare dai colleghi, sono un cliente piuttosto facile da accontentare.”

duke cocktail

La professione del barman

Cosa fa la differenza tra un barman e un barman di successo?
“Direi che la location è un fattore molto importante. Poche settimane fa venne a trovarmi un collega di Porto Cervo e mi ha detto che gli sarebbe piaciuto vedere all’opera altri barman nel mio locale, perché ho creato un ambiente piacevole. E’ più facile lavorare e farsi conoscere in grandi città, per il numero di persone e per le possibilità, oltre che per la visibilità.

E’ importante la conoscenza merceologica ed il sorriso; devi essere un bravo comunicatore, che unito ad una bella presenza possono garantire la basi del successo. Le nuove mode di oggi hanno portato l’attenzione ad un modello di barman che si discosta dal modello classico. Oggi si deve essere più aperti, mentalmente, senza dimenticare il classico.

Vorrei qui citare l’importanza delle barlady, delle quali spesso ci si scorda, ma che sono molte volte un passo avanti nei confronti dei colleghi uomini. Ho avuto modo di conoscere molte colleghe e ne confermo le indubbie qualità.”

Che consigli daresti ad un giovane che voglia approcciarsi a questa professione?

Lavoro, studio e curiosità. E’ quello che ho fatto con i ragazzi che vengono qui ad imparare: mi metto a disposizione per ogni domanda e gli passo tutti i libri che ho acquistato nel tempo. Anche io studio sempre, mi piace aggiornarmi, sia con nuovi libri sia su internet.

Senza dimenticare alcune situazioni che permettono la formazione, cioè gli eventi quali rum day, gin day, whisky day, agave experience. Complimenti a chi ha avuto queste idee.

Una volta l’ambiente del bartending era molto chiuso, all’interno dei locali stellati per lo più presenti nei grandi alberghi di Venezia, Milano, Torino, Roma eccetera eccetera. Grazie anche a questi movimenti, unitamente all’apertura di molti locali presenziati da personaggi fantastici, il nostro mondo di è notevolmente aperto.  Voglio citare il Nottingham Forest di Milano, il Jerry Thomas di Roma e tanti altri posti fantastici: quando posso vado a trovarli!”

Cosa ne pensi della formazione tramite scuole e corsi?
“Non posso che essere d’accordo sulla formazione: la scuola alberghiera è un nido importante, è il futuro della professione. Anche i corsi di formazione sono moto importanti, ed io li sostengo vivamente: sono perfettamente d’accordo su scuole e corsi, indistintamente.”

 

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