Peppino Manzi, il papà dei barman italiani

Peppino Manzi, il bar

Peppino Manzi è definito da molti il “papà di tutti i barman italiani” e per questo motivo è da molti chiamato “Maestro”. Chiamo Peppino che mi accoglie con la consueta ospitalità e gentilezza. Le sue sono parole sagge ma non desuete, anzi, cariche di valore inestimabile.

“Questo titolo mi gratifica, specialmente alla mia età, ma in realtà io ho sempre fatto unicamente il mio mestiere con grande passione. E quando lavori con piacere è metà della fatica.”

Peppino inizia un viaggio composto di ricordi e aneddoti:

“Ai miei tempi nessuno t’ insegnava nulla e dovevi quindi “rubare” il mestiere con gli occhi.Io ho infatti girato un po’ il mondo per imparare e quando ho avuto l’occasione di potere insegnare negli Istituti Professionali Alberghieri, nel 1971, mi sono accorto che la professione all’interno del bar non veniva assolutamente insegnata.

Veniva invece spiegata la cucina con varie elaborazioni delle materie prime, poi di conseguenza avveniva il servizio in sala. Ma nulla inerente al bar, ad esclusione della pulizia della macchina del caffè e la preparazione di alcuni caffè per i professori.”

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Didattica e formazione

Io ho introdotto la didattica del bar negli istituti professionali alberghieri, soprattutto perché mi è sempre piaciuto ed ho elargito il mio sapere con molta passione e desiderio di divulgarla.

Al di fuori delle scuole ho inventato i corsi, dapprima per la Ascom locale, poi la Cescot della provincia di Ravenna e Cesena. Successivamente in tutta Italia, oltre ad avere aiutato numerose associazioni italiane nell’organizzazione dei corsi stessi. Mi sono recato personalmente in molte regioni italiane per tenere i corsi ed infine mi sono reso conto della mancanza di un testo fondamentale per l’apprendimento tecnico-pratico.

Naturalmente internet non era ancora diffuso, probabilmente non esisteva nemmeno, quindi mi procuravo tutte le letture necessarie e ricercavo testi e articoli inerenti alla liquoristica per estrapolare le notizie necessarie. Unitamente alle mie esperienze ho messo insieme una notevole quantità di nozioni che mi hanno permesso di comporre il manuale del barman, nel 1980.

Continuando ad insegnare mi resi conto che tra i frequentatori dei corsi non vi erano solamente ragazzi che abitavano in riviera, e quindi socialmente più introdotti nell’ambiente turistico, ma anche persone dell’entroterra provenienti dalle colline romagnole. Questi giovani provenivano dalle campagne e non vivevano e non conoscevano  ambienti qualificati e consoni per potere essere preparati ad andare in futuro a lavorare negli alberghi della riviera.

Tramutai quindi il mio libro in un videotape di 30 ore, girando per i bar più significativi di tutta Italia. Da Mauro Lotti al Grand Hotel, da Angelini all’Hilton di Roma, da Ruggero Caumo all ‘Harry’s bar di Venezia, da Franco Di Rocco al Posta di Cortina d’Ampezzo, con il presidente e pass presidenti dell’AIBES e lo staff completo del bar al Brun Hotel di  Milano, al Cluny American Piano Bar e all’Hotel Mare e Pineta di Milano Marittima, al Paradiso Dancing di Riccione, e tante altri locali di prestigio. Questo per illustrare ai ragazzi dove sarebbero andati a lavorare nel loro futuro.

In un certo senso ho anticipato i tempi, come del resto in altre occasioni di mie iniziative. Dieci anni fa, infatti, La De Agostini Scuola mi commissionò un libro scolastico, ma io non ero ancora pratico ad usare il computer, così mi fecero aiutare dai colleghi. Stefano Renzetti e Alberto Lena, l’esperto di computer, purtroppo Alberto ci lasciò molto giovane a causa di una grave malattia. Per questo motivo persi, oltre che un amico, anche il mio collaboratore e con la consegna alla De Agostini che incombeva, dovetti imparare ad usare il computer.

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Fino ad ora ho pubblicato 19 ebook: notevole soluzione quella dell’ebook perché le case editrici, in questi tempi, difficilmente stampano per i forti costi che hanno i libri didattici cartacei. Gli ebook sono disponibili su Ultima books, ma anche in qualsiasi altra libreria online.

Ora con Bar.it, con il quale collaboro da molti anni, così come con Union Bar, abbiamo migliorato la veste grafica degli ebook per pubblicarli direttamente tramite bar.it. Ultimamente abbiamo annunciato la pubblicazione di “Aloha Tiki Drink“, con circa 200 bellissime fotografie e ricette d’epoca.

Sono sempre stato molto creativo, lasciando perdere il lato commerciale, ed infatti ho trovato alcune persone che si sono molto approfittate. Questo perché sento molto l’amicizia e a volte concedo troppo agli altri. “

Peppino Manzi ora

“Attualmente, dopo 40 anni di gestione del mio locale, un American Piano Bar Restaurant in piena funzione a Milano Marittima, ho dovuto lasciare a causa del mancato rinnovo dell’affitto da parte del proprietario dell’immobile.

E alla mia non più giovane età non me la sono sentita di riaprire nuovi esercizi; per cui ho riversato le mie energie e competenze sulla scrittura delle mie pubblicazioni didattiche. Mi divertendo creando dei prodotti che reputo straordinari per il settore e rimanendo virtualmente ancora nel mestiere.

In questi lavori di pubblicazione non tratto solo il bar, ma anche la sala e la cucina, avendo avuto esperienze in tutti gli ambiti del servizio dell’ospitalità. Questo perché negli ultimi anni ho diretto anche la cucina del mio locale, fatta di menù piuttosto importanti.

Sono partito da Trieste e ho girato da costa a costa per tutti i paesi che si affacciano sul bacino mediterraneo, scoprendo tutti i prodotti e le ricette tipiche. Passando di regione in regione e stati mediterranei sono ritornato a Trieste con un preziosissimo bottino di conoscenza enogastronomica tradizionale. Attualmente sto pubblicando queste delizie, essendo al momento arrivato sino alla Puglia.

Ho anche pubblicato “La cucina del Mare in barca”, ritenendolo un piccolo capolavoro enogastronomico e ho venduto moltissime copie del Manuale del Barista, sempre con ultima books.

Il bar secondo Peppino Manzi

Peppino ci accoglie così, con il suo irresistibile accento romagnolo ed una pacatezza che ti mette a tuo agio, invitandoti quasi a sederti e sorseggiare un buon drink, magari scegliendo tra i suoi Marilyn o Princess Daisy.

Peppino è semplicemente barman da una vita, padre e formatore di innumerevoli barman di successo:. Ha lavorato a Firenze, Milano, Bari, Milano Marittima, Cortina d’Ampezzo, Madonna di Campiglio, Francoforte, Ginevra, Zurigo, Londra.

Ha girato l’Europa documentandosi ed informandosi per i suoi famosi libri, editi e disponibili su ultimabooks, ed è considerato il tycoon dei barman italiani. Approfittiamo dell’occasione di poter parlare con una vera icona del bartending italiano.

corso barman

Come vedi il livello italiano del bartending e come vedi il futuro?
“Ne parlavo giusto nei giorni scorsi, durante la presentazione della mia ultima pubblicazione con Bar.it. Ci si è inventati di tutto dopo la figura classica del barman: dal freestyle al mixologist, al molecolare, per ampliare le possibilità di aprire e proporre qualcosa di nuovo al pubblico, con risultati limitati al tempo di moda.

Credo invece che una eccezione molto interessante sia quella relativa ai Tiki drinks, che possono prendere spazio in molti locali perché propone un modo di bere “soffice” e molto variato, che incontra il favore dei giovani. Nella mia carriera ho versato ettolitri ed ettolitri di alcol, ma sono contrario ad elargire alcol in grandi quantità, specialmente ai consumatori più giovani.

Pertanto i tiki drinks rappresentano, secondo mio parere, un nuovo futuro nel mondo del bar. Una antica moda che ritorna alla ribalta anche nei nostri locali consentendoci di miscelare distillati uniti a succhi e nettari di frutti esotici, con l’intento di alleviare la quantità di alcol nei drink.

Negli anni 70’  io proponevo in giro per l’Italia un aperitivo che non era solo fatto di Campari soda e di olive. Suggerivo l’introduzione di stuzzichini più corposi, come voul-au-vent e tartine, e lentamente siamo arrivati a proporre primi piatti, con la solita esagerazione tipicamente italiana.

Io sono per lo stile elegante del barman e dei drink, il proporsi con bevande classiche, eventualmente proposte con lievi modifiche adattabili ad un bere moderno.

Noi barman abbiamo un certo tipo di cultura; è molto importante sapere ascoltare più che parlare e raccogliere dal pubblico le esigenze del bere moderno. Mi è capitato pochi giorni fa di incontrare un giovane barman, di bell’aspetto, impegnato a proporre dei Tiki drinks. Lo vedevo piegato sul banco con il viso a sfiorare i bicchieri. A parte il gran mal di schiena per la postura sbagliata, non è  neanche l’atteggiamento da tenere con i clienti. Mia moglie, mia compagna di vita e di avventure professionali, sostiene che ci sarà un ritorno al classico, e sono molto fiducioso in merito”.

Sei stato il primo in assoluto a proporre un video corso, che importanza dai alla formazione?
“Ho passato una vita ad insegnare, essendo stato negli anni 80 il primo a presentare un corso, con la sovvenzione del Ministero dell’Istruzione, per gli insegnanti delle scuole alberghiere.

Sono quindi molto favorevole ad una  formazione scolastica, anche perché negli anni ho visto delle latterie trasformarsi in american bar improvvisandosi, e proponendo quindi un’offerta poco qualificata.

Ho sempre tentato di far capire alla mia clientela il modo di bere, qualificando prodotti e drink, ed andando al di là delle solite richieste.

Io sono favorevole all’insegnamento e ad insegnare a bere moderatamente: questo è molto importante“.

Quali consigli daresti a chi voglia avvicinarsi alla professione del barman?
Senz’altro studiare. Durante l’estate trovare qualche lavoretto e soprattutto girare il mondo, non solo da turista. E’ importante imparare lingue e culture, per tornare a casa arricchiti, ma soprattutto modesti.

Si devono conoscere i prodotti, studiarli e memorizzare i sapori. Distribuire alcol non è un gioco, come a volte si vede da chi distribuisce i drink, soprattutto nei Street-bar. Questo è molto importante da rimarcare. Se noi dall’altra parte del bancone facciamo passare il messaggio che si stia giocando, versando da bere e atteggiandosi in una certa maniera, lanciamo un messaggio sbagliato.

Se diamo la dimostrazione che è un gioco potrebbero prenderlo per tale, mentre l’alcol va assunto con coscienza. In sintesi il consiglio è questo: scuola ed estero. Poi scegliere i locali giusti.

La tua osservazione in merito al rapporto tra gioco ed assunzione di alcol è molto interessante:
Ci sono molti street bar in cui si propone un non-servizio fatto di confusione, in cui spesso si serve in maniera troppo “giocosa”. Se invece si da importanza alla somministrazione, con dosi corrette e bicchieri con le tacche di misura, si trasmette un messaggio corretto al bevitore e al futuro cliente“.



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I cocktail

Passiamo al lato più pratico; quali sono i cocktail che consigli?
Ovviamente dei cocktail che siano adeguati all’orario. La scorsa settimana un giovane barman, piuttosto preparato, mi ha proposto di bere un Bailey’s nell’orario dell’aperitivo. Voleva offrirmi qualcosa ma dovrebbe sapere che ci sono prodotti adeguati a seconda se bevuti prima o dopo il pasto.

Attualmente tutti i classici robusti li tramuterei on the rocks, come ad esempio un manhattan con ghiaccio. Inoltre propongo sempre i long drink, perché li trovo un buon modo di bere.

Un buon gin and tonic lo trovo un’ottima proposta, anche se ultimamente ho notato alcuni dettagli che non approvo, come 24 marche di gin e 12 di acqua tonica, o l’aggiunta di bacche di ginepro, buccie di cetriolo nel drink. Il Gin and tonic non ha bisogno di tutto questo.

Comprendo la possibilità di scegliere tra 4 o 5 tipi di gin, ma 24, per un long drink, mi sembrano troppi. Inoltre l’introduzione delle bacche di ginepro mi sembrano superflue, ci sono già nella infusione del gin! Una bella fetta di limone di taglio fresco che da aroma e via!

Consiglio inoltre i Tiki drinks, mai tai, pina colada, singapore sling. Mi sembrano un bere adeguato ed attuale, nonostante abbiano più di 80 anni. La moda invasiva di bere mojito a tutte le ore, così come prevalentemente è fatto da noi non mi piace. La menta non va pestata oltre misura! Li chiamano “pestati” io li definisco “appestati””.

Nella tua carriera hai proposto e inventato numerosi drink, a quali sei più affezionato?
Ne ho fatti molti, per alcuni dei quali non ricordo neanche la ricetta. Ne ho uno che mi piace riproporre: la Martini mi regalò una cassa di Vermouth Rosè, che però aveva poca richiesta in quanto ancora sconosciuto sul mercato. Ne feci quindi un cocktail, perché era il momento degli sparkling, senza dimenticare che ho sempre proposto il vino nei miei locali, tanto che ordinavo dalla Francia almeno 2000 bottiglie di champagne ogni anno.

Feci quindi questo drink che era adattabile ai buffet, si prestava ad essere servito in caraffa ed era adatto anche ai bevitori modesti: lo chiamai Marylin. Nel mio Marylin vanno miscelati nel mixing glass un 30% di vermouth rosè, 15% di bitter campari, 5% di grand marnier e il restante 50% di spumante. Decorato con una lunga buccia di arancia e servito nella coppa a calice”.

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Chiudiamo con una citazione di Fabio Renzetti, celebre barman, formatore nonché collaboratore di Peppino:

“…qualche ruga in più e qualche lacrima in meno, Peppino Manzi porta con estrema bellezza i suoi 76 anni, senza fermarsi, trovando nuova linfa vitale nei progetti lavorativi.

Continua a produrre pubblicazioni per trasmettere le sue storie ed il suo sapere e i suoi corsi di formazione sono ancora attualissimi e di gran successo.

Insomma, tanti auguri Peppino, e il prossimo brindisi lo facciamo a te e al tuo modo unico di averci insegnato cos’è davvero il bar”.

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